È una delle responsabilità più grandi che c’è dietro a questo lavoro: mantenere vivo il ricordo.
Sapevate che la parola stessa “ricordo” deriva dal latino “re-cordis” e vuol dire, usando le parole di Eduardo Galeano, “ripassare dalle parti del cuore”? E che il cuore anatomico rappresenta la propensione di una persona a mostrare senza riserve le proprie emozioni e i suoi sentimenti?
Il cuore è un muscolo particolarissimo del nostro corpo. Non solo ci tiene in vita, in modo autonomo, ma reagisce agli eventi che ci capitano, aumentando il suo ritmo o rallentando. Il cuore è, pertanto, un muscolo potente, ma delicato e prezioso allo stesso tempo: questo simbolo rappresenta proprio la dualità tra forza e fragilità, tra indipendenza e vulnerabilità. Dalla notte dei tempi, il cuore è il centro delle emozioni e dei ricordi.
È nato tutto così, quasi per gioco: inconsciamente il mio cervello ha razionalizzato i miei pensieri. Mi sono posto a lungo, però, prima di semplificare nel simbolo del cuore i miei pensieri e le mie idee, una semplice domanda. Perché il simbolo del cuore è, oggi, icona associata all’amore e, in generale, ai sentimenti? Condivido, tra le tante, la spiegazione più plausibile dello stimolo celebrale teorizzata nel 2011 da Milton Glaser, ideatore del celebre logo I ❤️ (love) NY, che ne aveva spiegato la popolarità con il fatto che “per capirlo il cervello traduce tre elementi tra i quali il cuore rappresenta un’esperienza“.
Il più delle volte, prima di osservare qualcosa nel dettaglio ci facciamo un’idea di cosa sia, “prima di capire, sentiamo“, scrive Kevin Roberts in Lovemarks. È solo un simbolo, è vero, ma è così immediato e pieno di significato che assume un vero e proprio valore: la sua semplicità formale e la sua essenza visiva permettono al messaggio di arrivare in maniera diretta e senza rumori di fondo, proprio perché prive di ogni artefatto stilistico. Volevo comunicare qualcosa di estremamente complesso, in modo semplice, volevo parlare di sentimenti, nella maniera più semplice possibile.
